Startup logistica, lo spazio c’è (oltre Amazon)
C’è vita, oltre ad Amazon. Il mercato globale delle startup della logistica continua a crescere e attirare l’appetito degli investitori, a dispetto di concorrenti ingombranti come il colosso di Jeff Bezos o del rischio saturazione del settore. Lo dicono i numeri degli investimenti più corposi messi a segno dalle neoimprese internazionali: 238 milioni raccolti in otto round dalla logistica on-demand dell’americana Postmates, 40,5 milioni per le consegne sostenute dal crowdsourcing della connazionale Deliv, 10 milioni per il software di ottimizzazione delle consegne della olandese Mpo Objects Bv, 7,6 milioni per i pacchi «in meno di un’ora» di Glovo (Spagna) e 2,1 milioni per il trasporto merci di Shippeo (Francia).
E in Italia?
Il solo filone delle consegne di cibo, sulla scia di giganti del calibro di JustEat, genera un giro d’affari da 400 milioni di euro. Un margine che può allargarsi di pari passo con il boom dei negozi online: le “vetrine digitali” sono cresciute del 165% in cinque anni e generano un volume da 16,6 miliardi di euro, a fronte del valore ancora risicato del commercio elettronico sul totale di acquisti (3,1%). Per fare qualche esempio: l’ortofrutta a domicilio di Cortilia, le consegne “di fiducia” di YouPony, la app per consegne mirate di Milkman (si legga l’articolo sotto). Per arrivare a Rpost, la startup milanese che ha conquistato la stessa Amazon aggiudicandosi la commessa per le consegne di Amazon Prime Now. La crescita c’è, ma il dubbio è sul futuro che si può profilare dopo i primi round: il mercato è sempre più affollato e i grandi player del settore potrebbe avere un peso sufficiente per fare terra bruciata intorno a sé.
le opinioni
Andrea Di Camillo, managing partner del fondo di investimento P101, è convinto che gli spazi ci siano ancora. La chiave di ingresso? Il retail online: «Già oggi ci sono settori dove il retail online vale per oltre il 10%. Se consideriamo che si può salire fino al 40-50%, significa che lo spazio per l’innovazione c’è tutto» dice Di Camillo. Il vero nodo, semmai, è capire che cosa si possa aggiungere a business già ricco di sperimentazioni. Di Camillo indica due vie principali: il miglioramento della user experience, cioè la soddisfazione del cliente, e sistemi per rendere sempre più rapide le consegne. Insomma, il fattore tempo. «Da un lato bisogna rendere l’esperienza di acquisto appagante – spiega – In altre parole: semplice, veloce e accompagnata dal fattore umano di qualcuno che magari spieghi il prodotto e accompagni l’acquisto». Dall’altro, occhio al cronometro per il cosiddetto last mile: l’ultimo tratto delle consegne a domicilio. «Il risparmio di tempo è un investimento del cliente: se ottieni in mezz’ora quello che ti avrebbe richiesto due ore, è naturale che tu sia più soddisfatto». Se si parla di sostenibilità del business, però, la strada può essere un’altra: partnership o acquisizioni a tutti gli effetti da parte dei big della “vecchia” logistica. Secondo Damiano Frosi, ricercatore dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, si tratta di cercare una sintesi tra apparati tradizionali e impulsi innovativi in un mercato già florido: secondo dati rivelati in anteprima al Sole 24 Ore, il solo segmento della contract logistics vale 81,9 miliardi di euro nel 2016. «Le aziende tradizionali fanno fatica a seguire l’innovazione, così come le piccole startup fanno fatica a crescere – dice Frosi – Può fare successo chi riesce a formalizzare questa alleanza».
via: www.ilsole24ore.com